Il primo appuntamento con la stagione di concerti della John Cabot Chamber Orchestra si apre con due serate dedicate al repertorio cameristico che spazia dal tardo Barocco alla Prima Scuola di Vienna, dal tardoromanticismo di Elgar a Puccini. Protagonista, ospite in veste di solista ma anche di direttore d’orchestra, il violinista Boris Begelman.
Il primo appuntamento è per sabato 4 novembre 2023 alle 20.30 nel teatro Santa Lucia di circonvallazione Clodia 135. La replica è in programma domenica 5 alle 20 nella chiesa di Santa Maria della Luce a Trastevere (via della Luce). I concerti sono a ingresso libero.
Affermatosi rapidamente come uno dei violinisti più interessanti della sua generazione, Boris Begelman si è diplomato in violino al Conservatorio Čajkovskij di Mosca, e successivamente ha completato la sua formazione sul violino barocco in Italia. Si è esibito come solista o Konzertmeister sui maggiori palcoscenici internazionali, tra cui la Berliner Philharmonie, il Musikverein di Vienna, il Théatre des Champs-Elysées, la Wigmore Hall, il Teatro Liceu di Barcellona, l’Opera Royal de Versailles, il KKL di Lucerna, collaborando con orchestre come il Complesso Barocco, la Kammerorchester Basel, I Barocchisti, Cappella Mediterranea e B’Rock Orchestra. Dal 2017 è Konzertmeister del Concerto Italiano di Rinaldo Alessandrini.
Begelman ha diretto dal violino l’Accademia Bizantina, Il Pomo d’Oro, l’Accademia Montis Regalis, l’Orchestra Barocca Arion, l’Orchestra Barocca di Gerusalemme, l’Orchestra B’Rock e solisti come Vivica Genaux, Max Cenčić e Simone Kermes.
Nel 2014 Boris ha fondato il suo ensemble, Arsenale Sonoro, la cui registrazione di debutto di una selezione di Sonate per violino e basso continuo di Telemann per Sony DHM è stata accolta con entusiasmo dalla critica di tutto il mondo. Nel 2022 esce su Obsidian Records il suo nuovo album dedicato a Domenico Scarlatti, che presenta un’interessante interpretazione di alcune sonate tradizionalmente eseguite al clavicembalo, ma potenzialmente destinate invece al violino e al basso continuo.
Nel 2017 ha pubblicato “Sei solo” per DHM, che contiene una registrazione integrale delle Sonate e Partite di J. S. Bach, ed è stato premiato come una delle registrazioni eccezionali dalla rivista spagnola Scherzo. Boris entra a far parte del prestigioso catalogo dell’Edizione Vivaldi con l’album “Le nuove vie”, dove esegue sei virtuosi concerti vivaldiani accompagnati dal Concerto Italiano e diretti da Alessandrini. La sua performance, pubblicata su Naïve nel 2021, è stata definita “un raggio di sole abbagliante” dalla BBC Music Magazine ed è stata descritta come Concerto Choice nel numero di settembre 2021.
Il 27 ottobre 2023 è prevista l’uscita per Pentatone di un nuovo album di recital con Francesca Aspromonte con Arsenale Sonoro diretti da Boris Begelman.
Tra i suoi recenti impegni direttori ci sono concerti con l’Arsenale Sonoro e il soprano Francesca Aspromonte per il Festival Musik&Kirche di Bressanone, l’Argiano Barocco Festival e Monteverdi Tuscany, oltre che con l’Accademia Montis Regalis per il MiTo Festival.
Oltre all’attività concertistica, Boris si dedica all’insegnamento. Da novembre 2022 insegna violino barocco presso il Conservatorio Scarlatti di Palermo e tiene regolarmente Masterclass, l’ultima delle quali si è tenuta presso l’Accademia Domaine Forget&Charlevoix in Canada nel luglio 2023.
PROGRAMMA
Georg Friedrich Haendel
Concerto grosso in La minore op.6 n. 4 (1739)
Larghetto affettuoso (la minore)
Allegro (la minore)
Largo e piano (la minore)
Allegro (la minore)
***
Franz Joseph Haydn
Concerto in Sol maggiore per violino e orchestra (1769)
Allegro moderato
Adagio (do maggiore)
Allegro
***
Giacomo Puccini
Crisantemi (1890)
Elegia per quartetto d’archi (versione per orchestra da camera)
***
Edward Elgar
Serenata per archi op 20 (1892)
Allegro piacevole
Larghetto
Allegretto
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JOHN CABOT CHAMBER ORCHESTRA
Violini I
Roberto Baldinelli *, Carla Felli, Halyna Kozinina, Elena de Stabile, Giulia Pacetto, Angelo Gaetani
Violini II
Letizia Pisana *, Jayne Sisterson, Susanne Kubersky, Peter Flaccus, Linda Scuderi, Cristiana Ranieri, Astrid Agostini
Viole
Matthias Auf Der Maur *, Elin Wedlund, Sara Nigro
Violoncelli
Adriano Ancarani *, Claire Challeat, Giuseppe Usai, Teresa Corridori
Contrabbasso
Daniele Lausdei
Basso continuo
Armando Pinci
GUIDA ALL’ASCOLTO
Haendel, concerto Grosso
I dodici Concerti dell’op. 6 per orchestra d’archi e basso continuo furono scritti nel giro di un mese, tra la fine di settembre e il 20 ottobre del 1739, a breve distanza dalle vigorose creazioni del «Saul» e di «Israel». Tali composizioni costituiscono il contributo più rilevante di Haendel alla letteratura del concerto grosso che si richiama all’esempio di Corelli. Però lo schema della sonata da chiesa, che Corelli trasferisce al concerto, acquista in Haendel forme più estese e corpose, sia nei movimenti di maggiore vivacità armonica e sia in quelli più articolati sotto il profilo contrappuntistico. L’austera soavità del modello diventa più vigorosa nella linea solenne delle ouvertures e nel virile accento ritmico degli allegri, mentre si avverte una intensità lirica nei passaggi distesi, un’arguta stilizzazione nei movimenti di danza e una sottile malinconia nelle cullanti siciliane. Lo strumentale che si articola in due gruppi, il «tutti» e il concertino dei solisti, mostra una indubbia abilità di orchestratore nel musicista sassone, che ebbe sempre molto vivo il senso della costruzione realizzata con ricchezza e varietà di armonie. Non per nulla è stato detto che Haendel, pur tenendo presente la lezione fondamentale del contrappunto tedesco, ha avvertito l’influsso della musica settecentesca italiana con il suo sensualismo coloristico e descrittivo.
Il Concerto in la minore si apre con una breve introduzione, cui fa seguito senza interruzione un Allegro fugato. Il Larghetto è a carattere meditativo, momento centrale del brano, che si conclude con un ritmo brillante, definito meglio come un Allegretto grazioso.
(Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell’Accademia di Santa Cecilia,
Roma, Auditorio di via della Conciliazione, 25 aprile 1976 e pubblicato su Flaminioonline)
Haydn, Concerto per violino e orchestra
Haydn è l’ultimo grande compositore al servizio di un nobile che lo stipendia per scrivere la musica necessaria a una corte, e come uno straordinario artigiano nel suo quotidiano lavoro produce assoluti capolavori. Suoi datori di lavoro dal 1761 sono gli Esterhazy, al cui servizio Haydn vive in un esilio dorato a Esterhaza, residenza costruita per eguagliare la Versailles francese. Qui il compositore ha a disposizione un’orchestra con ottimi solisti, come il violinista Tomasini, il “Luigi” che appare nella copia del Concerto in Do maggiore (“concerto per il violino fatto per il luigi”). Haydn scrisse probabilmente quattro concerti per violino, di cui uno purtroppo è andato perso.
La sua produzione è la colonna sonora ideale di una nobile residenza; mai superficiale o frivola, con il sorriso mostra il lato più piacevole del far musica, inventando melodie e meccanismi che in vari modi drammatizzano il discorso musicale in un teatro non immaginario, bensì sublimato in note; i momenti in cui si fa più malinconico sono rapidi sospiri di un’anima che subito torna serena.
Un’ultima annotazione musicologica: in questi concerti compare il clavicembalo come basso continuo, eredità di un barocco concluso, che sparirà con la successiva produzione classica di cui Haydn sarà decisamente protagonista.
Concerto n. 4 in Sol maggiore. Il copione del primo movimento è simile [al primo movimento del Concerto n. 1 n.d.r.]: al tono sfarzoso da ballo di corte del primo tema orchestrale risponde il più loquace violino solista, impegnato in un virtuosismo sempre garbato. Gustoso nel secondo intervento del Tutti un breve accenno di canone tra i violini primi e secondi; è un fugace istante che ricorda con levità le artificiose tecniche dell’antico contrappunto; l’effetto è gradevolissimo, oltretutto perché lo stesso piccolo cameo era apparso nella prima parte, ma ci era forse sfuggito. Ovviamente, nelle successive esecuzioni del tema da parte dell’orchestra l’ascoltatore sarà attento a riconoscerlo nuovamente, in attesa infine dell’estesa cadenza del solista che prelude alla conclusione.
La composta eleganza del tema che apre il secondo movimento suona alleggerita nell’esposizione del violino, eseguita nella regione acuta, e al rientro dell’intera orchestra appare come se si rivestisse di nuovo con l’abito di gala. Lo stesso accade nel secondo episodio del solista, più espressivo nei suoi interventi in risposta all’orchestra. Il dialogo prosegue più sereno fino alla lirica cadenza, per poi lasciar spazio di nuovo al tema iniziale.
L’incisivo attacco del tema del terzo movimento ha la carica propulsiva di un tema da sinfonia, ma nel contempo le virtuali potenzialità del contrappunto, perfetto spunto per i brillanti passaggi virtuosistici del violino che il tempo rapido rende più sapidi. Il tutto a vantaggio di un serrato dialogo tra solista e orchestra che si svolge ininterrotto sino al termine.
Emiliano Buggio, Testo tratto dal libretto inserito nel CD allegato al n. 376 della rivista Amadeus e pubblicato su Flaminioonline
Elgar, Serenata
Rimaniamo in Gran Bretagna con la Serenata per archi in Mi minore di Elgar, ma in un ambiente più esclusivo: il brano, scritto nel 1892, fino al 1896 (anno della prima pubblica esecuzione ad Anversa) è stato eseguito sotto la direzione dell’autore in esibizioni private della Worcester Ladies’ Orchestrai Class, cui ben si presta il linguaggio composto, fine e aristocratico. Nell’Allegro piacevole il ritmo ribattuto puntato, di nobile eco, scandisce gli interventi di un’elegante melodia, musica tardo-romantica di controllata malinconia.
Anche la lirica apertura del Larghetto è fatta di misurata emozione. Una nota lunga e sospesa annuncia un elegiaco canto, ampliando l’orizzonte degli spunti iniziali, quando all’improvviso la tessitura si assottiglia (tacciono gli archi gravi), lasciando sospese in un immateriale dialogo le voci superiori. Al ritorno dei bassi si dispiega una nuova melodia, fino alla ripresa del clima di apertura.
L’Allegretto finale presenta un tema di composta eleganza, su cui si costruisce la prima parte. Una sensibilissima modulazione rasserena la musica, e dopo la riapparizione del ritmo puntato del primo movimento il brano va chiudendosi su lunghe note tenute.
Emiliano Buggio, Testo tratto dal libretto inserito nel CD allegato al n. 378 della rivista Amadeus e pubblicato su Flaminioonline
Puccini, Crisantemi
“Crisantemi” è un’elegia per quartetto d’archi di Giacomo Puccini (1858-1924). Il compositore di Lucca la scrisse in una notte del 1890, dopo che venne a conoscenza della dipartita dell’amico Amedeo di Savoia, duca d’Aosta. I due temi che compongono il brano posseggono tutte le componenti di lirismo espressivo che hanno reso celebre il compositore toscano; Puccini li riproporrà nell’ultimo atto dell’opera Manon Lescaut (1892); per esprimere l’abbandono di Manon e Des Grieux al proprio destino, ormai “soli e perduti nella desolata landa della Louisiana”. L’attenzione dell’esecutore si focalizzerà sul lirismo delle melodie attraverso un uso espressivo dei parametri ritmici, in una flessibilità capace di conferire intensità alle emozioni, col supporto di una attenta coloritura armonica.