Doppio appuntamento di fine stagione con un programma interamente dedicato alla musica da camera dell’Est Europa tra Otto e Novecento.
Nell’occasione delle Giornate Europee dell’Archeologia la Sovrintendenza Capitolina offre una visita guidata alla villa di Massenzio e un concerto di archi della John Cabot Chamber Orchestra ospitato nel suggestivo spazio del Mausoleo di Romolo: musica e archeologia si contaminano alla luce dell’illuminazione artistica nel passaggio dalla luce al buio.
12 GIUGNO ore 20.30: Concerto nella Sala Santa Lucia, circonvallazione Clodia 135. Ingresso libero
15 GIUGNO ore 20: Concerto nel Mausoleo di Romolo della Villa di Massenzio. Ingresso gratuito fino a esaurimento posti. Info e prenotazioni: villadimassenzio.it
PROGRAMMA
Note di sala a cura di Letizia Pisana
BÉLA BARTÓK (1881 – 1945): 10 pezzi dalla serie “For children” (versione originale per pianoforte trascritta la Leo Wiener per orchestra d’ archi
Compositore ed etnomusicologo, oltre che eccelso pianista, si allontanerà da una formazione classica e insieme all’amico Kodaly andrà alla riscoperta di materiale dell’autentico canto popolare conservato negli strati della popolazione contadina. È l’epoca della scuole nazionaliste in Europa.
Lasciandosi alle spalle gli studi di Liszt Wagner e Strauss e del sempre amato Beethoven, attraverso le esperienze più disparate della musica contemporanea Bartok svilupperà uno stile personale fondato sulla rimeditazione della caratteristica musicalità del suo popolo.
Lascerà una brillante carriera pianistica per insegnare e dedicarsi allo studio scientifico del folklore musicale nei Paesi danubiani.
Ogni estate si inoltrerà fra le montagne della Transilvania e nelle fertili pianure delle sua terra in cerca di canzoni ma anche di coleotteri farfalle e insetti vari che lo aiuteranno a superare la gracile costituzione e la timidezza che lo avevano caratterizzato fin da piccolo per via di una dolorosa infermità.
Questi 10 pezzi del 1915 denotano la rara attitudine di B. a scrivere per i bambini. La scoperta del linguaggio modale presente nel canto contadino gli permette di scrivere musica facile e di poche note in contrapposizione con la musica del tardo Romanticismo che cercava l’originalità nella crescente complicazione. E la semplicità di questa composizione racchiude tutto il livello e la sensibilità artistica del grande musicista ungherese così profondamente legato allo spirito della sua terra.
GYULA BELICZAY (Julius von Beliczay) (1835 – 1893): Serenata per archi in Re minore op. 36
Compositore pianista e pedagogo ungherese, nella sua vita fu ingegnere impegnato nelle Ferrovie viennesi diventando anche direttore di quelle ungheresi fino al 1886. Ciò non gli impedì di coltivare la sua passione musicale, e pur non avendo avuto grande originalità di scrittura ma una solida scuola, compose diversi brani ispirati a Schumann e Liszt. La serenata che qui proponiamo op. 36 è originale per archi e nasconde, pur nella sua classicità, ritmi e melodie della sua terra.
NIKOS SKALKOTTAS (1904 – 1949): Cinque danze greche per orchestra d’archi
Compositore e violinista greco, iniziato alla musica dal padre flautista, entrò successivamente al conservatorio di Atene. Venne a Berlino con borse di studio dove rimase per 12 anni assorbendo lo stile compositivo contemporaneo Mitteleuropeo. Tornato ad Atene lavorò come violinista in orchestra ma, pur tra mille difficoltà, volle dedicarsi alla musica folkloristica del suo paese. Nelle sue composizioni si allontanò dalla sua formazione, riflettendo piuttosto un clima mediterraneo permeato di danze e canti. Nonostante la sue breve carriera è stato molto prolifico anche se poco conosciuto, tanto che un comitato costituitosi ad Atene sta promuovendo oggi la sua musica nel mondo. Ed è alla luce di questo che le Danze greche qui proposte sono il suo brano più noto al pubblico internazionale.
PYOTR ILYICH TCHAIKOVSKY (1840 – 1893): Elegia per orchestra d’archi
Tra il 15 e il 18 novembre del 1884 il grande compositore russo noto al grande pubblico per i balletti Lo Schiaccianoci e Il Lago dei cigni, compone questo gioiellino impregnato di lirismo. È una breve pagina celebrativa per un occasione con il titolo provvisorio di “Hommage reconnaissant“. Successivamente la dedicherà al suo carissimo amico Samarin appena scomparso. A quattro anni di distanza dalla Serenata in do maggiore op. 48, questa Elégie ne riprende la scrittura magica per orchestra d’archi. Il modo adottato da T. nel trattare tale organico ci trasporta in una dimensione espressiva che è tesa e morbida insieme. Dopo una breve introduzione orchestrale, all’avvio dell’Elégie, i violini cantano una nenia malinconica che, dopo due brevi incisi di natura interrogativa e struggente, si sviluppa su una dolce scala ascendente che i violoncelli accompagnano su arpeggi di accordi cromatici discendenti. Dopo questo periodo si passa bruscamente alla serrata sezione centrale, in cui i vari strumenti si imitano. Poi, su uno stringendo e sul tremolo di due accordi cadenzali, rimangono alla ribalta i violini per riprendere l’interrogativo dell’idea iniziale. Tchaikovsky pubblicò questa Elegia nel 1890 senza revisione, quindi la ascoltiamo qui nella sua versione originale.
JOHN CABOT CHAMBER ORCHESTRA
VIOLINI I Roberto Baldinelli*, Carla Felli, Giulia Pacetto, Elena de Stabile, Amira Al Habash, Angelo Gaetani, Halyna Kozinina
VIOLINI II Letizia Pisana*, Susanne Kubersky, Jayne Sisterson, Peter Flaccus, Astrid Agostini, Cristiana Ranieri
VIOLE Matthias Auf Der Maur*, Elin Wedlund, Sara Nigro, Antonio Di Trapani
VIOLONCELLI Adriano Ancarani*, Claire Challeat, Giuseppe Usai, Teresa Corridori
CONTRABBASSO Daniele Lausdei
DIREZIONE ARTISTICA: Adriano Ancarani